Intestazione



Le mie citazioni preferite

C'è gente che possiede una biblioteca come un eunuco un harem (Victor Hugo)
Il mediocre imita, il genio ruba (Oscar Wilde)
Amicus Plato, sed magis amica veritas – Mi è amico Platone, ma ancora più amica la verità (Aristotele)
Se devi parlare, fa' che le tue parole siano migliori del silenzio (Antico detto cinese)
Contro la stupidità neppure gli dei possono nulla (Friedrich Schiller)
Disapprovo le tue opinioni, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di esprimerle (Voltaire)
Lo stolto ha solo certezze; il sapiente non ha che dubbi (Socrate)
Sognatore è un uomo con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole (Ennio Flaiano)

martedì 25 dicembre 2012

A TUTTI GLI AMICI BLOGGER

I PIÙ AFFETTUOSI AUGURI
DI BUONE FESTE NATALIZIE

dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

venerdì 14 dicembre 2012

Revival XXXVIII

Like a bird on the wire,
Like a drunk in a midnight choir
I have tried in my way to be free.
Like a worm on a hook,
Like a knight from some old fashioned book
I have saved all my ribbons for thee.

If I, if I have been unkind,
I hope that you can just let it go by.
If I, if I have been untrue
I hope you know it was never to you.

Like a baby, stillborn,
Like a beast with his horn
I have torn everyone who reached out for me.

But I swear by this song
And by all that I have done wrong
I will make it all up to thee.

I saw a beggar leaning on his wooden crutch,
He said to me, "You must not ask for so much."
And a pretty woman leaning in her darkened door,
She cried to me, "Hey, why not ask for more?"

Oh like a bird on the wire,
Like a drunk in a midnight choir
I have tried in my way to be free.

(Leonard Cohen: Bird on the Wire)

Come un uccello sul filo,
Come un ubriaco in un coro di mezzanotte
Ho tentato a modo mio di essere libero.

Come un verme sull'amo,
Come un cavaliere di qualche libro antico
Ho conservato tutti i miei nastri per te.

Se io, se io sono stato scortese,
Spero tu possa lasciar correre.
Se io, se io sono stato falso
Spero tu capisca che non lo sono mai stato per te.

Come un bimbo, nato morto,
Come una belva col suo corno
Ho fatto a pezzi chiunque mi avvicinasse.

Ma giuro su questa canzone
E su tutto ciò che ho fatto di sbagliato
Che metterò tutto a posto per te.

Vidi un mendicante appoggiato alla sua stampella di legno,
Mi disse, "Non devi chiedere così tanto."
E una graziosa donna appoggiata alla sua porta in penombra,
Mi gridò, "Ehi, perchè non chiedere di più?"

Oh come un uccello sul filo,
Come un ubriaco in un coro di mezzanotte
Ho tentato a mio modo di essere libero.

Bird on the Wire è una di quelle canzoni che gli inglesi chiamano signature songs (canzoni firma), tanto immediatamente rappresentano l'autore o l'interprete; in questo caso si tratta del canadese Leonard Cohen, uno dei massimi interpreti mondiali della musica d'autore di tutti i tempi.
Come tutti i brani famosi, anche questo ha avute numerose cover da altri cantanti; e ancora non ho deciso se preferisca la versione, melodica e folk, dell'originale, o quella, decisamente più blues, che Joe Cocker presentò nel suo album joe cocker! (scritto proprio così in copertina, con le iniziali minuscole e il punto esclamativo) che me lo fece conoscere più di quarant'anni fa.
Nel dubbio, ve le presento tutte e due...



Buon ascolto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

lunedì 10 dicembre 2012

Numeri in rosa II (Curiosità matematiche X)

Tempo fa pubblicai un POST sulle donne matematiche della storia, da Theano, la moglie di Pitagora, fino a Gaetana Agnesi. Qualcuno mi fece garbatamente notare di essermi dimenticata Ada Lovelace, considerata la prima programmatrice di computer della storia. Era vero, non mi era proprio venuta in mente, ma oggi Google mi ricorda che cade l'anniversario della sua nascita. Ed eccomi a colmare la lacuna...

Ada Lovelace
Augusta Ada Byron, figlia primogenita – e unica figlia legittima – del poeta George Gordon Lord Byron, nacque a Londra il 10 Dicembre 1815 dal breve matrimonio del poeta con la matematica Anne Isabella Milbanke; non ebbe praticamente rapporti col padre, così come non ne ebbe l'altra figlia Allegra, nata da una successiva relazione di Byron con Claire Clermont, sorellastra della moglie di Percy Bysshe Shelley, la scrittrice Mary Wollstoncraft, e morta in tenera età nel monastero di Bagnacavallo in Romagna al quale Byron l'aveva affidata subito dopo la nascita.
Il matrimonio di George e Anne naufragò quando Ada aveva appena pochi mesi; seguendo le orme materne Ada s'interessò fin da giovanissima agli studi matematici, ottenendo lusinghieri risultati.
Nel 1835 sposò William King, Conte di Lovelace, e da allora cominciò a firmarsi Ada Lovelace, nome col quale è conosciuta tutt'oggi.

Modello della Macchina Analitica di Babbage (part.)
È nota la sua lunga collaborazione con Charles Babbage, da tutti considerato il fondatore dell'informatica: il suo progetto di macchina analitica – un elaboratore meccanico in grado di svolgere svariati compiti al di là del semplice calcolo numerico, mosso da una macchina a vapore e grande come un appartamento – è considerato dagli storici della matematica come tecnicamente fattibile e teoricamente funzionante, anche se all'epoca, dato l'enorme impegno tecnico e finanziario che avrebbe richiesto, non fu mai costruito. Babbage realizzò tuttavia un prototipo di macchina differenziale, una calcolatrice in grado di elaborare tabelle numeriche.
Ada Lovelace, in collaborazione con Babbage e basandosi anche sugli studi di Luigi Filippo Menabrea, che tradusse in inglese ed ampliò coi suoi appunti, produsse un algoritmo che è considerato il primo esempio di software della storia.
Ada Lovelace morì il 27 Novembre 1852 all'età di trentasei anni. Nel 1979 il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d'America creò un linguaggio di programmazione per i propri computer che fu chiamato Ada in suo onore.

Un saluto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

martedì 4 dicembre 2012

Auguri! (riflessioni atto nono)

Oggi questo blog compie sei anni; nacque la sera del 4 Dicembre 2006, con un post timido ed esitante (che riporto QUI per far sorridere chi avesse voglia di andarlo a rivedere), senza nessuna idea precisa di che cosa volessi fare in blogosfera e con molto poche aspettative dalla stessa.
Sei anni sono un sacco di tempo in rete, anche se a ripensarsi, come sempre accade, sembra sia successo ieri: invece sono successe un mare di cose, ma tra alti e bassi, con qualche sbandamento (in particolare a seguito della chiusura di Splinder un anno fa), questo piccolo spazio è sempre andato avanti e, mi auguro, continuerà a farlo anche in futuro.
Mi spiace che la ricorrenza sia capitata in un momento di scarsa vena da parte del sottoscritto: mi scuso ancora una volta con tutti per le mie assenze, ma tengo a precisare che non abbandonerò mai del tutto la rete senza preavviso. Magari a volte sarò più assiduo, altre meno, ma non è mia abitudine andarmene senza salutare.
Un ringraziamento a tutti quelli che mi sono stati vicini e mi hanno seguito in questo non breve periodo. E per farmi perdonare questo post un po' raffazonato e banalotto, vi lascio con una bella canzone.


Un saluto e un abbraccio dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

domenica 18 novembre 2012

Cineforum – Piccoli e grandi film d'ogni tempo (VIII)

Il gabinetto del dottor Caligari (Das Cabinet der Dr. Caligari, D, 1920, b/n con viraggi, 71 min)

Regia: Robert Wiene


Interpreti: Friedrich Fehér, Werner Krauss, Konrad Veidt, Lil Dagover, Hans Heinrich von Twardowski


Soggetto e sceneggiatura: Hans Janowitz, Carl Mayer


Fotografia: Willy Hameister


Genere: drammatico-horror


Musica: Giuseppe Becce



La trama: seduti su una panchina, il giovane Franz (Fehér) e un anziano discorrono; il giovane racconta all'altro una storia allucinante che si snoda come un lungo flashback in pratica della durata di tutto il film: l'ambiguo dottor Caligari (Krauss) espone alla fiera del paese un fenomeno da baraccone, il sonnambulo Cesare (Veidt); svegliato dal suo sonno, Cesare è in grado di predire il futuro.
Una serie di misteriosi delitti si verifica in concomitanza con l'arrivo di Caligari; ad Alan (von Twardowski), amico di Franz, viene predetto da Cesare che morirà la mattina seguente, e la predizione puntualmente si avvera; la giovane Jane (Dagover), di cui sono innamorati sia Franz che Alan, viene rapita. Sarà Franz a convincere le forze dell'ordine che il colpevole di tutto è Caligari, che manovra Cesare a suo piacimento ordinandogli di commettere ogni tipo di delitto; braccato dalla polizia Caligari si rifugia in un manicomio, del quale si scopre essere il direttore.
Alla fine del lungo flashback viene rivelato allo spettatore che Franz, il suo interlocutore e i suoi amici, sono tutti ospiti del manicomio, e che la storia raccontata è un'allucinazione della sua mente malata; ma è davvero così o è il dottor Caligari che, riuscendo a farli passare per pazzi e internandoli, potrà proseguire indisturbato i suoi folli esperimenti?

Il commento: iniziatore ed emblema del cinema espressionista (secondo alcuni critici si tratterebbe dell'unico vero film espressionista in senso stretto), Il gabinetto del dottor Caligari è uno dei più alti esempi di suggestione visiva mai visti al cinema: la tecnica registica ancora rudimentale (lunghe riprese a macchina fissa, poco montaggio, insistiti primi piani, dissolvenze a diaframma), lungi dall'appiattirlo, gli comunica invece un senso di claustrofobica e angosciosa allucinazione; così la recitazione (tipicamente teatrale), il pesante trucco degli interpreti e le incredibili scenografie, dove nulla (dalle case alle strade agli oggetti di uso comune come sedie e tavoli) ha un aspetto normale: l'arredamento degli interni sembra preso dai quadri di De Chirico o di Dalí; all'esterno, vie contorte e zigzaganti che si trasformano sovente in vicoli ciechi, case dalle architetture impossibili e volutamente artificiose, tutto contribuisce a rendere con sorprendente efficacia l'atmosfera di disturbo mentale nel quale la narrazione è immersa.

Curiosità: si dice che la prima scelta della produzione per la regia di questo film fosse quella di Fritz Lang, che era però impegnato altrove nel periodo in cui si sarebbe dovuto girare.
Anche se le musiche originali furono composte dall'italiano Giuseppe Becce (il film è ovviamente muto, data l'epoca), esistono varie versioni di musiche successive composte appositamente per questo film; in particolare dal 2006 il duo Enklave Elektronica porta in scena una colonna sonora dal vivo eseguita durante le proiezioni.
Nel film italiano Il secondo tragico Fantozzi, Fantozzi/Villaggio ottiene il suo posto di lavoro producendosi in uno sperticato (ed evidentemente imparato a memoria) elogio di questo film e dell'espressionismo tedesco in generale durante il colloquio di assunzione con un direttore patito di cinema.

Un saluto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

martedì 13 novembre 2012

Classica

Nel mio notturno aggirarmi oziosamente su YouTube mi sono imbattuto in una cosina simpatica che mi piace condividere con voi. Un po' perché di musica classica tutti noi ne presentiamo troppo poca sulle nostre pagine, un po' perché proprio oggi ricorre l'anniversario della morte di Gioacchino Rossini (Pesaro, 29 Febbraio 1792 – Parigi, 13 Novembre 1868); ma soprattutto per un fatto curioso che accade nel video.
Va in scena un'esecuzione all'aperto dell'overture del Guglielmo Tell di Rossini: proprio nel momento preciso in cui comincia la celebre tempesta rossiniana... sul pubblico comincia a piovere davvero (si sentono distintamente in sottofondo le prime gocce di pioggia sul pianissimo che conclude il primo movimento) e tra gli spettatori è tutto un concitato aprirsi di ombrelli.
Claudio Abbado, che dirige i Berliner Philarmoniker, se ne accorge e gli scappa da ridere...


Buon ascolto e buona visione dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

domenica 11 novembre 2012

A proposito della lingua italiana (VIII)

I precedenti post dedicati ad approfondimenti (più o meno seri) sull'etimologia di termini comunemente usati sono stati particolarmente graditi dai miei lettori; da ciò incoraggiato, vi presento un'altra puntata, con qualche termine malizioso...

Goldone: soprattutto nel nord dell'Italia è un termine volgare che indica il preservativo maschile, o profilattico che dir si voglia; i genovesi invece dicono gondone con la enne al posto della elle, ma i due termini, benché somiglianti, sembrano avere etimologia diversa.
Genova è stata per lungo tempo la città più anglosassone d'Italia, e l'espressione gondone (in dialetto gundùn) deriva probabilmente, per assonanza, dal termine inglese condom.
Più controversa l'origine di goldone: c'è chi dice che i soldati statunitensi abbiano fatta conoscere agli italiani, subito dopo la liberazione, la marca di preservativi Gold One, da cui sarebbe nato il termine; secondo altri, però, tale marca non è mai esistita. Più probabile, quindi, che il termine derivi dal nome del fondatore, negli anni '20, dell'azienda bolognese Hatù, storica e più famosa marca italiana di profilattici, il commendator Franco Goldoni.

Zebedei: in espressioni come non mi rompere gli zebedei, grattarsi gli zebedei ed altre, il termine assume l'ovvio significato di testicoli; ma perché, poi?
Zebedeo è un nome proprio e si riferisce ad un personaggio biblico, padre di due apostoli, Giacomo il maggiore e Giovanni l'evangelista; appare bizzarro che due personaggi considerati santi dal cristianesimo siano diventati icona di un'espressione scurrile, ma una spiegazione c'è: sia nei passi del vangelo che li nominano, sia nelle numerose rappresentazioni pittoriche di Gesù coi dodici apostoli, i fratelli zebedei appaiono quasi sempre in coppia, e generalmente uno alla destra di Gesù e l'altro alla sua sinistra; e notoriamente l'espressione andare sempre in coppia si riferisce anche ai testicoli; inoltre secondo alcuni (secondo altri invece no, ma non sono riuscito a definire univocamente la questione) Giacomo e Giovanni sarebbero stati addirittura gemelli; e un termine derivato dal greco per indicare i gemelli è didimi, che nella lingua italiana – se pur poco usato – è sinonimo di testicoli.
Val la pena ricordare inoltre che un'altra espressione di uso comune è rompere i santissimi; non è escluso che l'origine possa essere la stessa, anche se è ugualmente probabile che possa derivare dal considerare i testicoli l'organo più sacro del corpo maschile.

Grilletto: trasparente l'identificazione del (o della: i linguisti non si sono ancora messi d'accordo se il termine sia di genere maschile o femminile) clitoride femminile col dispositivo di sparo delle armi da fuoco, sia per la forma sia per il sottinteso di qualcosa che si aziona col dito.
Da notare inoltre come da sempre il termine pistola sia considerato come simbolo fallico, tanto che nel dialetto milanese pistola equivale a pirla, ed entrambi significano membro virile, benché siano usati principalmente in senso traslato, come insulto nei confronti di una persona sciocca. Inoltre con pistolino si identifica il pene dei bambini.

Fica: originariamente designava il frutto del fico, secondo la consuetudine che nomina al maschile l'albero e al femminile il frutto dello stesso (pero-pera, arancio-arancia, melo-mela, castagno-castagna); la sua diffusione come termine volgare per rappresentare l'organo genitale femminile ha creato una sorta di tabù linguistico probabilmente unico, sicché il fico è l'unico frutto che mantiene il genere maschile come l'albero relativo.
Nelle lingue – così come nei dialetti italiani – dove il termine scurrile è indicato da una parola diversa, il frutto del fico mantiene però il femminile come tutti gli altri: ad esempio in francese la figue e in genovese a figa non hanno alcun risvolto osceno.
Nonostante il termine sia scurrile è stato più volte usato anche nella letteratura colta: in particolare Dante, nel canto XXV dell'Inferno, rese famoso il gesto di far la fica, ossia chiudere il pugno col pollice che spunta tra indice e medio, in segno di spregio o di insulto, rappresentando così il blasfemo Vanni Fucci:
Al fin de le sue parole il ladro
le mani alzò con ambedue le fiche,
gridando: "Togli, Dio, ch'a te le squadro!"

Un saluto e un sorriso dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

giovedì 8 novembre 2012

Neologismi – A proposito della lingua italiana (VII)

Esistono parole che hanno fatto il loro ingresso nel lessico italiano da pochi decenni, ma che conosciamo e usiamo regolarmente dall'età della ragione con l'inconscia impressione che siano sempre esistite. Ve ne presento alcune in questo intervento.

Cellulare: esiste da tempo come aggettivo, riferito ad ogni cosa che abbia attinenza ad una cella o cellula; così si chiama biologia cellulare quella che studia le cellule viventi e furgone cellulare quello che trasporta i detenuti durante i trasferimenti da una prigione all'altra; in questo caso è spesso usato in forma sostantivata sottintendendo il termine furgone e chiamandolo semplicemente cellulare.
Lo stesso avviene per il telefono cellulare, tanto che negli ultimi decenni il termine cellulare è diventato sinonimo di telefono mobile.
Il nome deriva dal fatto che la copertura del territorio da parte dei segnali radio che permettono il funzionamento dei telefoni è realizzata da una serie di celle adiacenti, ciascuna servita da una stazione ricetrasmittente.


Fantascienza: compie adesso sessant'anni questo vocabolo, coniato da Giorgio Monicelli – fratello maggiore del più famoso regista Mario e nipote dell'editore Arnoldo Mondadori – che fu il primo curatore della collana I romanzi di Urania, il cui primo numero uscì in edicola il 10 Ottobre 1952.
La parola italiana traduce i termini inglesi scientifiction e science-fiction, entrambi coniati negli anni '20 da Hugo Gernsback, fondatore della rivista americana Amazing Stories, comunemente considerata la prima rivista di fantascienza al mondo.
Il termine inventato da Monicelli diventò in breve tempo popolarissimo, soppiantando Scienza Fantastica proposto qualche mese prima da Lionello Torossi, direttore dell'omonima rivista nata nell'Aprile 1952 (che è quindi a tutti gli effetti la prima rivista italiana specializzata nel genere), ma che cessò le pubblicazioni dopo appena un anno.

Robot: anche se molti di ostinano a pronunciarla robò alla francese, questa parola deriva dal termine ceco robota che significa lavoro pesante o anche schiavitù; compare per la prima volta nel romanzo I robot universali di Rossum dello scrittore ceco Karel Čapek, ed è entrata invariata in tutte le lingue europee, diffondendosi in breve grazie anche ai racconti di Isaac Asimov e ai film Metropolis di Fritz Lang e Il pianeta proibito di Fred McLeod Wilcox, in cui compare il simpatico Robby the Robot che negli anni '50 diventerà popolarissimo, tanto che ne verranno prodotti numerosi esemplari giocattolo per i bimbi di tutto il mondo.
Benché i robot di Čapek fossero in realtà uomini artificiali, il termine robot (il sinonimo italiano automa ha avuta scarsa fortuna ed è praticamente in disuso) viene oggi utilizzato per indicare prevalentemente dispositivi meccanici – non necessariamente antropomorfi – in grado di sostituire l'uomo in svariate operazioni; per indicare esseri organici artificiali come quelli di Čapek si ricorre ai termini androide o replicante, quest'ultimo inventato dallo scrittore Philip K. Dick e reso famoso dal film Blade Runner. Più recentemente si è diffuso anche cyborg, che indica un essere parzialmente meccanico e parzialmente organico.

Software: è un evidente prestito dall'inglese questa parola, nata all'incirca durante la seconda guerra mondiale e diffusasi a partire dagli anni '50 di pari passo con la diffusione dell'informatica.
Di per sé non ha nessun significato, ed è un neologismo anche in inglese, foggiato per imitazione del termine hardware, che propriamente significa ferramenta (alla lettera merce dura); per analogia con software (merce tenera) si cominciò ad indicare la parte non solida dell'informatica, cioè la programmazione, designando invece hardware il macchinario connesso ai computer.

Un saluto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

mercoledì 24 ottobre 2012

Scherzi di ... Lingua

(Nota a margine: prosegue la serie di post duplicati dal mio vecchio blog a causa della sparizione dei testi originari. Chi avesse già letto e si ricordasse porti pazienza... e complimenti alla memoria! visto che son passati più di cinque anni).

DIZIONARIO FELINO   
or: what about four-letter words?

Disegno di Giampaolo Zecca per "Pick Wick"
Sembra ieri, ma sono passati anni da quando Cesare Zavattini esclamò per la prima volta: – Cazzo! – durante una trasmissione radiofonica, facendo scatenare torme di sociologi alla ricerca di – vere o presunte – funzioni liberatorie e iconoclaste del turpiloquio. E sembra ieri quando i liceali, alle prese coi primi rudimenti di trigonometria, sogghignavano sentendo parlare di seno dell’angolo. E che risate sotto i baffi! quando leggendo nell’Iliade della lite tra Achille ed Agamennone si arriva al punto in cui la mano del pelìde corre alla spada e dalla gran vagina/traendo la venia… Nessuno, ovviamente, sospetta che il Monti, gran traduttor de’ traduttor d’Omero, avesse in mente alcun doppio senso nell’uso del vocabolo vagina, inteso qui nel senso letterale di guaina, custodia; ma i ragazzi d’allora il doppio senso lo vedevano, eccome!
Oggi che in ogni dialogo circolano con indifferenza attributi sessuali di ogni genere esposti con pervicace nonchalanche, potrebbe apparire fuori luogo e un po’ démodé una riflessione sul turpiloquio e sui suoi termini peculiari, quelli che gli anglosassoni chiamano four-letter words, poiché in lingua inglese la maggior parte delle cosiddette parolaccefuck, cock, shit e così via – sono per l’appunto di quattro lettere. Da noi li chiamavano – e non so se fosse un uso regionale ligure o se fosse diffuso anche altrove; voi ve lo ricordate? – paroline del gatto, e mi son sempre chiesto per quale strano motivo i nostri felini domestici fossero additati come emblema del turpiloquio.
Ad ogni buon conto – e visti i tempi – vi propongo qui di seguito un piccolo glossario di parolacce rivisitate: chissà che, in quest’epoca di linguaggio libero e pittoresco, adottare qualcuno di questi elaborati eufemismi non possa avere lo stesso effetto di rottura dell’esclamazione zavattiniana di venti e più anni fa.

allogamo: da allós, altro, e gámos, nozze, questo termine potrebbe utilmente sostituire gli abusati gay, omosessuale, ed altri meno eleganti. Ovviamente utilizzabile anche il femminile allogama e il sostantivo allogamìa.
 
callipigia: già appellativo di Venere (lett. dalle belle natiche) si raccomanda, nel riferirsi alle grazie di una signora dalle forme opulente, in luogo del poco elegante culona.

crisobalano: termine attestato in italiano per indicare un arboscello dell’America latina. Dal greco chrysobalanos, ghianda d’oro, potrebbe essere utilizzato per designare quei maschi superdotati e dall’infaticabile attività sessuale.

fallocefalo: da phallós, membro virile, e kephalê, testa; già proposto in sede parlamentare negli anni sessanta da qualche onorevole buontempone in luogo del comune testa di c… non ha tuttavia trovato degna accoglienza. Appare peraltro vocabolo perfettamente congruo e ben formato.

falloforo: da phallós, come sopra, e phorein, portare in giro. Riproduce il significato scurrile che ha assunto il verbo italiano menare (originariamente sinonimo di portare). Utilizzabile anche il derivato falloforìa nel senso di menata. Da notare tuttavia che questi due termini sono già attestati nella lingua italiana, se pure con significato diverso, e cioè, rispettivamente: sacerdote del dio Priapo e processione in onore di Priapo.

gluteocapienza: dal verbo latino capere, prendere, afferrare, deriva questo sostantivo che designa l’azione di prendere per i fondelli il prossimo. Il vocabolo appare di uso piuttosto scomodo: che gluteocapienza! suona infatti più artificioso dell’originale che presa per il c…! Anche la variante gluteocaptazione, proponibile in sostituzione, non apporta sostanziali benefici.

mentulopensile: dal latino popolare mentula (di evidente significato, vista la diretta derivazione del siciliano minchia), potrebbe designare tutte quelle cose che si è usi invitare il prossimo ad attaccarsi, per l’appunto, al membro. Già adottato da Umberto Eco (che nel suo Secondo diario minimo propone come materia d’insegnamento una Fisica delle soluzioni mentulopensili) appare tuttavia d’uso poco pratico, soprattutto per la difficoltà di derivarne un verbo (ma mentulopenditelo! suona infatti decisamente peggio che non ma attàccatelo al…).

orchioclasta: da orchis, testicolo, e klásis, rottura, appare come un perfetto – ed elegante – equivalente di rompiballe. Anche il derivato orchioclastìa è perfettamente congruo: esclamare uh, che orchioclastìa! invece di uh, che rompimento! è senza dubbio da raccomandare anche al più pignolo dei puristi.

scatomittenza: dal greco skatós, escremento, indica l’azione di mettere nella m… qualcuno. Accettabili – per non dire raccomandabili – tutti i derivati: la forma verbale scatomettere, e i sostantivi scatomittente (chi compie l’azione) e scatomesso (chi la subisce).

scatomorfo: da skatós, come sopra, e morphé, forma, può utilmente sostituire uno dei più comuni insulti della lingua italiana. Analogamente utilizzabile il derivato scatomorfìa (ve lo immaginate Fantozzi/Villaggio esclamare: – La Corazzata Potemkin è una scatomorfìa pazzesca! – ?).

sodomotecnica: termine dal significato trasparente, designa ovviamente l’arte di metterlo in quel posto a qualcuno. Utilizzabile ad libitum in senso proprio o traslato senza particolari controindicazioni. Raccomandabile anche il derivato sodomotecnico per indicare chi quell’arte mette in pratica continuamente (il volgarmente detto mettìnculo).

Un saluto e un sorriso dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

giovedì 11 ottobre 2012

Cineforum – Piccoli e grandi film d'ogni tempo (VII)


Omicidio a luci rosse (Body Double, USA, 1984, col, 114 min)

Regia: Brian De Palma

Interpreti: Craig Wesson, Melanie Griffith, Deborah Shelton, Gregg Henry, Guy Boyd

Soggetto: Brian De Palma

Sceneggiatura: Brian De Palma, Robert J. Avrech

Fotografia: Stephen H. Burum

Genere: thriller

Musiche: Pino Donaggio



La trama: Jake Scully (Wesson), mediocre e sfortunato attore di film porno-horror a basso costo, si ritrova licenziato in tronco per aver rovinata una sequenza facendosi venire un attacco di claustrofobia nell’interpretare un vampiro chiuso nella bara; al ritorno a casa, trova la fidanzata a letto con un altro uomo...
Sull’orlo della disperazione, il povero Jake trova conforto in Sam Bouchard (Henry), un collega attore, conosciuto poco prima a un corso di recitazione, che gli procura un alloggio nella lussuosa casa di un conoscente – a suo dire – da dove Jake si diverte a spiare, con un telescopio, l’affascinante vicina di casa Gloria (Shelton) che ogni sera si esibisce, per proprio diletto, in un sensuale spogliarello, finendo con l’invaghirsene e col cercare in tutti i modi di conoscerla di persona.
La tragedia irrompe quando Scully assiste, in diretta e senza poterlo impedire, all’omicidio di Gloria, massacrata da uno sconosciuto con un trapano elettrico; sospettato dall’investigatore McLean (Boyd) e sconvolto per l’assassinio di Gloria, Jake riceve un altro colpo quando s’imbatte per caso, guardando un programma televisivo, nel trailer di un film a luci rosse dove la celebre pornostar Holly Body (Griffith) esegue uno spogliarello identico a quello di Gloria. Fingendosi un produttore di film porno, Jake contatta Holly, deciso a chiarire quella che non gli sembra una coincidenza. Ma gli eventi ben presto precipitano... Finale, ovviamente, a sorpresa.

Il commento: Uno dei gialli più controversi nella storia del cinema: denigrato all’uscita dalla critica statunitense, che arrivò al punto di conferire a De Palma il premio Razzie Award per il peggior regista dell’anno, fu invece accolto con entusiasmo dai commentatori nostrani, a partire da Paolo Mereghetti che gli assegna tre stelle e mezza (quasi il massimo), mentre Morando Morandini e Pino Farinotti si limitano a tre (valutazione comunque molto alta).
E in effetti da un lato il film appare come un coacervo di citazioni hitchcockiane buttate giù col mastello (da La donna che visse due volte e La finestra sul cortile le principali e immediate, ma si ritrovano tracce più sfumate anche di altri film, come Psycho o Intrigo internazionale); ma dall’altro la pellicola possiede una suggestione particolare e inquietante, ottenuta con mezzi registici raffinatissimi; le serate in cui Jake, nella solitudine dell’avveniristica casa di vetro, spia lo spogliarello di Gloria accompagnato dall’ipnotica colonna sonora di Pino Donaggio, il lungo pedinamento multiplo nei meandri del centro commerciale, sono sequenze che non si dimenticano.
Craig Wesson, nei panni di uno spaesato (e sfigato) attore, fa tenerezza dall’inizio alla fine, e Melanie Griffith è strepitosa nei panni della pornostar, mentre Guy Boyd fa il verso ai tanti investigatori di cui la storia del cinema giallo è cosparsa.

Curiosità: I componenti del complesso rock Frankie goes to Hollywood, all’epoca famosissimo, compaiono nelle vesti di loro stessi come partecipanti a un film porno (dove Jake fa la conoscenza di Holly).
La casa a forma di disco volante dove Sam ospita Jake è la celebre Malin House, detta anche Cemosphere, costruita a Los Angeles nel 1960 dall’architetto John Lautner.
L’omicidio col trapano elettrico è stato ripreso dal regista italiano Carlo Vanzina nel film Sotto il vestito niente, girato l’anno successivo; era però già stato adottato in un altro film italiano, Sette orchidee macchiate di rosso, girato nel 1971 da Umberto Lenzi.

Un saluto dal vostro
Cosimo PIovasco di Rondò

martedì 2 ottobre 2012

Revival XXXVII

We stood in the windy city,
The gypsy boy and I.
We slept on the breeze in the midnight
With the rain droppin' tears in our eyes.
And who's going to be the one
To say it was no good what we done?
I dare a man to say I'm too young,
For I'm going to try for the sun.


We huddled in a derelict building
And when he thought I was asleep
He laid his poor coat round my shoulder,
And shivered there beside me in a heap.
And who's going...


We sang and cracked the sky with laughter,
Our breath turned to mist in the cold.
Our years put together count to thirty,
But our eyes told the dawn we were old.
And who's going...


Mirror, mirror, hanging in the sky,
Won't you look down what's happening here below?
I stand here singing to the flowers,
So very few people really know.
And who's going...


We stood in the windy city,
The gypsy boy and I.
We slept on the breeze in the midnight,
With the rain droppin' tears in our eyes.
And who's going to be the one
To say it was no good what we done?
I dare a man to say I'm too young,
For I'm going to try for the sun.

(Donovan: To Try for the Sun)


Ce ne stavamo nella città ventosa,
Il ragazzo zingaro ed io.
Dormivamo nella brezza di mezzanotte
Con la pioggia che ci stillava lacrime negli occhi.
E chi sarà il primo
A dire che non era bello quel che facevamo?
Sfido chiunque a dire che sono troppo giovane,
Perchè sto andando a cercare il sole.


Stavamo rannicchiati in un edificio abbandonato
E quando lui pensò che mi fossi addormentato
Posò la sua povera giacca sulle mie spalle,
E mi si strinse accanto rabbrividendo.
E chi sarà il primo...


Cantavamo e spaccavamo il cielo a risate,
Col fiato che si condensava nel freddo.
I nostri anni messi insieme arrivavano a trenta,
Ma i nostri occhi dissero all'alba che eravamo vecchi.
E chi sarà il primo...


Specchio, specchio che pendi dal cielo,
Non vedi che sta succedendo qui da basso?
Me ne sto qui a cantare ai fiori,
Come pochissimi sanno davvero.
E chi sarà il primo...


Ce ne stavamo nella città ventosa,
Il ragazzo zingaro ed io.
Dormivamo nella brezza di mezzanotte
Con la pioggia che ci stillava lacrime negli occhi.
E chi sarà il primo
A dire che non era bello quel che facevamo?
Sfido chiunque a dire che sono troppo giovane,
Perchè sto andando a cercare il sole.



Buon ascolto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

sabato 29 settembre 2012

Il ciclista Felice

Non sono mai stato un grande appassionato di sport: non ho mai vista una partita allo stadio, il tifo calcistico era solo un'occasione per prendere (e farsi in prendere) in giro compagni di scuola e colleghi di lavoro il lunedì, a seconda di quale squadra avesse vinto o perso la domenica. Anche gli altri sport li ho sempre seguiti piuttosto tiepidamente.
Ma per il ciclismo ho sempre avuta una particolare affezione: mi affascinarono fin da piccolo queste competizioni strane, che durano una giornata intera, in condizioni ambientali spesso estreme, in mezzo a bufere di neve o sotto un sole cocente.
Tra i tanti campioni sportivi che ho visti correre, ad uno sono rimasto particolarmente affezionato: un  bergamasco dal sorriso timido e dal profilo tagliente, che proprio oggi compie settant'anni.
Felice Gimondi, nato a Sedrina il 29 Settembre 1942, è stato uno dei più grandi ciclisti della storia; più di centoquaranta successi in carriera (e sarebbero stati il doppio, se non si fosse trovato a competere con quello che è considerato da molti il più grande di tutti i tempi, il cannibale Eddy Merckx), uno degli appena cinque ciclisti a vincere tutti e tre i principali giri nazionali europei (Francia, Italia, Spagna), l'unico assieme a Merckx a vincere anche tutte le principali classiche monumento (Milano-Sanremo, Parigi-Roubaix, Giro di Lombardia e Campionato del mondo).
Alle sue battaglie col rivale belga il cantautore Enrico Ruggeri dedicò anni fa una bella canzone, Gimondi e il cannibile; avendola già pubblicata in un post tempo addietro, mi limito adesso a riportare un LINK.
Vi propongo invece un racconto che a mia volta dedicai alla sua figura, e che trovate, in forma di e-book sfogliabile, cliccando sulla copertina qui sotto.

Il ciclista Felice

Buona lettura e un saluto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

lunedì 24 settembre 2012

Cineforum – Piccoli e grandi film d'ogni tempo (VI)


I diabolici (Les diaboliques, F, 1954, b/n, 114 min)

Regia: Henri-Georges Clouzot

Interpreti: Simone Signoret, Véra Clouzot, Paul Meurisse, Charles Vanel, Michel Serrault

Soggetto e sceneggiatura: Pierre Boileau, Thomas Narcejac

Fotografia: Armand Thirard

Genere: thriller

Musiche: Georges Van Parys


La trama: Il tirannico Michel Delasalle (Meurisse), direttore di un collegio privato a Parigi, maltratta la moglie Christina (Clouzot), una donna fragile e malata di cuore, proprietaria del collegio stesso e da lui sposata per interesse, e l’amante Nicole (Signoret). Le due donne, amiche da tempo, architettano un piano diabolico per liberarsi di lui; piano che sembra riuscire perfettamente, senonché il cadavere scompare dalla piscina della scuola, dove avrebbe dovuto essere ritrovato, e fatti sempre più strani cominciano ad accadere nel collegio, precipitando nel terrore e nel senso di colpa la povera Christina e insospettendo anche il commissario in pensione Fichet (Vanel), che svelerà il mistero nello sconvolgente finale.

Il commento: Il più hitchcockiano dei noir francesi è un capolavoro assoluto di sceneggiatura, regia e montaggio; un montaggio dai tempi dilatati e spesso estenuanti, come nell’interminabile sequenza dell’attesa del cadavere all’obitorio per il riconoscimento. Spettacolare il finale nei meandri bui della scuola di notte, fatto di soggettive, primi piani, dettagli insistiti (una mano guantata, un paio di piedi che si muovono in silenzio), luci che si accendono e si spengono che creano un parossismo di suspence poche altre volte raggiunto da un film. La scena del cadavere che emerge lentamente dalla vasca da bagno mostrando gli occhi rovesciati è impressionante ancora oggi.
Bravissimi gli interpreti: Paul Meurisse rivaleggia col Charles Boyer di “Angoscia” nell’interpretare uno dei più sgradevoli cattivi del cinema giallo, se pur in modo diametralmente opposto: tanto signorile e (falsamente) affettuoso il personaggio di Boyer, quanto brutale e al limite della volgarità pura quello di Meurisse; Véra Clouzot è perfetta nel suo ruolo di donna fragile e sofferente; Charles Vanel tratteggia un poliziotto simpaticamente sornione; Simone Signoret è un’ambigua e conturbante donna in bilico tra l’affascinante e il perverso.

Curiosità: Una didascalia alla fine del film recita: “Non siate DIABOLICI! Non raccontate ai vostri amici quello che avete visto.”
Un altro insolito espediente adottato dal regista per accrescere il senso di tensione è la totale assenza di musica per tutto il film: la colonna sonora di Georges Van Parys si limita infatti a due minuti di musica sui titoli di testa e a mezzo minuto su quelli di coda.
Véra Clouzot è il nome d’arte di Véra Gibson-Amado, brava e sfortunata attrice brasiliana (morì ad appena quarantasette anni per un attacco di cuore), moglie del regista, del quale adottò il cognome come nome d’arte. Girò appena tre film, tutti e tre diretti dal marito.

Un saluto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

giovedì 20 settembre 2012

Revival XXXVI

Vi sono, nei ricordi di ciascuno di noi, brani musicali non trascendentali né per il testo né per la musica, ma ai quali siamo particolarmente affezionati; così è, nel mio caso, per la canzone che vi propongo stasera.
La solita curiosità: sembra che il pezzo fosse stato scritto in chiave di soul music dai Bee Gees Barry e Robin Gibb – su richiesta del loro produttore Roger Stingwood – per Otis Redding nel 1967; quando Redding morì all'improvviso in un incidente aereo la canzone era già pronta, ma il cantante non aveva fatto ancora in tempo ad inciderla. Così i fratelli Gibb la riarrangiarono secondo il loro stile canonico pop rock e la incisero essi stessi; To love somebody ottenne enorme successo in tutto il mondo ed è ancora oggi ricordata come uno dei brani più popolari del complesso anglo-australiano.


Buon ascolto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

martedì 18 settembre 2012

Ricette (I + III)

Visto l'interesse suscitato dal post precedente, proseguo la serie e ne approfitto per tappare un buco... il che spiega anche il curioso titolo di questa puntata che, secondo logica, venendo dopo la settima, sarebbe dovuta essere l'ottava...
Il fatto è che, nel trasferimento del vecchio blog da Splinder a iobloggo, si sono persi tutti i contenuti celati sotto i continua a leggere, e sul momento non me ne sono accorto e non ho potuto provvedere; sicché quelle due ricette le ripubblico adesso; tutte le altre precedenti, chi fosse curioso le può ritrovare QUI, in un'unica paginetta.

POLPETTONE DI VERDURA

INGREDIENTI: patate 1 kg; fagiolini verdi 300 g; parmigiano grattugiato 200 g; 4 uova; olio di oliva, sale, aglio, prezzemolo, maggiorana, pangrattato q.b.

PREPARAZIONE: lessare separatamente patate e fagiolini; sbucciare e passare al passaverdura (oppure schiacciare con una forchetta) le patate; tritare a pezzetti i fagiolini; impastare assieme patate e fagiolini; unire all’impasto le uova, il parmigiano grattugiato, un trito finissimo di aglio e prezzemolo e una manciata abbondante di maggiorana; aggiungere all’impasto qualche cucchiaiata di olio di oliva; salare a piacere.
Ungere con abbondante olio il fondo di una teglia capace di contenere l’impasto con un’altezza di 2-3 cm e cospargerlo di pangrattato; disporvi l’impasto, livellarlo e decorare la superficie a righe incrociate coi rebbi di una forchetta. Distribuire un filo d’olio sulla superficie e cospargerla di pangrattato.
Infornare a forno già caldo per ca. 30 min a 200 °C. Per verificare la cottura forare il polpettone con uno stuzzicadente, che dovrà emergere asciutto dall’impasto.
Servire caldo, tiepido o freddo, a piacere. Si può conservare per alcuni giorni in luogo fresco, o in frigorifero (ma in frigo tende ad asciugare e a rinsecchirsi).

Foto dal web

VERDURE RIPIENE

N.B. Si possono riempire: cipolle, peperoni, zucchine, melanzane, funghi (porcini, mazze da tamburo semichiuse, champignon), pomodori (sconsigliati: in forno rammolliscono).
Le dosi e i tempi di cottura possono essere aggiustati in funzione dei gusti e del tipo di forno adoperato.

INGREDIENTI X 4 PERSONE: Pan carré 6/10 fette; 1 – 2 uova; mortadella 100/120 g; parmigiano grattugiato 50/100 g; maggiorana, aglio, prezzemolo, latte, pan grattato, olio d’oliva, sale, pepe q.b.

PREPARAZIONE:
Eliminare la crosta delle fette di pan carré e tagliarle a dadini; metterle in una terrina e ammorbidirle in poca acqua o latte fino a farle disfare, badando che non si formi troppo liquido; aggiungere: la mortadella tritata, un trito finissimo di aglio e prezzemolo, le uova, il parmigiano, un’abbondante manciata di maggiorana, sale e pepe e mescolare fino ad ottenere un composto denso e omogeneo. Se il composto risultasse troppo fluido aggiungere pan grattato o altro pan carré sbriciolato.
Lavare o pulire le verdure (le cipolle non si lavano; i funghi non si lavano, ma si puliscono con un panno o con uno scottex umido); tagliare a metà zucchine e melanzane e scavare un po’ di polpa; tagliare a metà per il lungo le cipolle e sfogliarle badando a non rompere i singoli strati; eliminare i gambi dei funghi; tagliare a falde i peperoni ed eliminare i semi e la parte bianca interna.
Salare leggermente la parte interna delle verdure e farcirle con una cucchiaiata del ripieno.
Ungere d’olio una teglia da forno e disporvi le verdure ripiene. Facoltativo: aggiungere un filo d’olio sopra le verdure e cospargerle di un velo di pan grattato. Infornare a forno già caldo e cuocere per circa 20/30’ a 180/200°.
Le verdure ripiene si possono gustare indifferentemente sia calde che fredde.
VARIANTE: cospargere il fondo della teglia di uno strato di patate tagliate a fette piuttosto sottili prima di disporvi le verdure. La cottura risulterà più uniforme e regolare. In questo caso aumentare leggermente la quantità d’olio e i tempi di cottura.

Foto dal web

Buon appetito dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

sabato 15 settembre 2012

Ricette (VII)

Dev'essere proprio Settembre che fa tornare un po' a tutti la voglia di cucinare; giro per i blog e trovo ovunque menu assortiti e ricette di cucina... e allora riprendo anch'io questa rubrica che avevo iniziata nel blog precedente, e trascurata ormai da troppo tempo.
Questa volta un piatto veloce veloce, adatto anche – e soprattutto – a quando si rientra a casa all'ultimo momento e non si è fatto in tempo a fare la spesa; gli ingredienti dovrebbero far parte della scorta di ogni dispensa. È un primo piatto che diventa in pratica un piatto unico.
Il nome è di fantasia, l'ho praticamente inventata io senza attingere ad autentiche ricette regionali; però mi fa venire in mente la Sicilia...

SPAGHETTI ALLA SICILIANA

INGREDIENTI (per quattro persone): 300/350 g di spaghetti; due filetti di merluzzo o di nasello (ottimi quelli surgelati in vaschette monoporzione); una confezione di pomodori pelati o di polpa di pomodoro; 15/20 olive verdi condite piccanti (oppure normali + abbondante peperoncino); un cucchiaino di capperi sotto sale o in salamoia; uno spicchio d'aglio o due; olio extravergine d'oliva, sale (attenzione a dosarlo specie se i capperi sono sotto sale), prezzemolo q.b.

PREPARAZIONE: scaldare l'olio in una padella o tegame con gli spicchi d'aglio schiacciati da togliere a fine cottura (variante: tritare l'aglio assieme al prezzemolo); aggiungere i filetti di pesce ancora surgelati e farli scongelare a fuoco dolce; aggiungere i pomodori e schiacciarli con una forchetta; spezzettare con la forchetta i filetti di pesce; aggiungere le olive e i capperi; lasciar restringere il sugo per 10/15 min a fuoco medio mescolando di tanto in tanto.
Nel frattempo lessare al dente gli spaghetti in abbondante acqua salata; a fine cottura regolare di sale se necessario, aggiungere al sugo un trito finissimo di prezzemolo e mescolare; scolare gli spaghetti, alzare il fuoco e farli saltare velocemente in padella assieme al condimento. Servire caldissimo.

VARIANTI: eliminando gli spaghetti ed aumentando di conseguenza la quantità di pesce, può diventare un secondo piatto a tutti gli effetti; per farlo ridiventare piatto unico è possibile contornarlo con del riso bollito, o con un risotto in bianco.

Buon appetito dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

giovedì 13 settembre 2012

Un po' di pubblicità

Mi scuso per l'assenza: in questi giorni sono passato poco a trovare i miei amici, ho trovato a malapena il tempo per rispondere ai commenti sul mio blog.
Un po' perché è arrivato Settembre e il tempo, a differenza di quanto accadeva durante le vacanze, tende a scarseggiare; ma principalmente perché un'altra attività in rete mi ha assorbito quasi del tutto.


Come qualcuno di voi sa, faccio parte del consiglio direttivo di un Circolo Letterario brianzolo; recentemente mi è stato chiesto di dedicarmi al revamping del sito del Circolo, che era rimasto praticamente abbandonato da qualche tempo, e ci sto lavorando da alcuni giorni.
So che tra voi vi sono molti appassionati di lettura e scrittura creativa; v'invito quindi a visitare il neonato sito del


il cui link compare da oggi anche nel mio blogroll.
Nonostante sia ospitato su una piattaforma di blog, è a tutti gli effetti un sito istituzionale; chi lo vorrà seguire non si aspetti aggiornamenti frequenti come su un normale blog; tuttavia di materiale da leggere e commentare ce n'è parecchio (i commenti sono consentiti su ogni pagina, e a ciascuno cercherò di rispondere nel più breve tempo possibile).

Un saluto dal vostro 
Cosimo Piovasco di Rondò

martedì 11 settembre 2012

Interviste (3) – Conclusioni

Come promesso, dedico questa ulteriore puntata (QUI e QUI le precedenti, per chi passasse da questi paraggi per la prima volta e/o non le avesse viste) ad una veloce analisi delle risposte ottenute.
Non compilerò una vera statistica, con tanto di tabelle e dati incrociati, come a rigore si dovrebbe fare; mi limiterò a condividere le impressioni ricevute dalla lettura delle vostre risposte (e dal confronto con le mie). Forse superfluo sottolineare che questa non è una fotografia dell'intero universo dei blog, ma soltanto della mia cerchia di amici, quindi di un campione assolutamente non rappresentativo della totalità dei blogger... ma altrettanto assolutamente rappresentativo, invece, di quella tipologia di blogger coi quali mi sento personalmente in sintonia.


  • Dalle risposte alla prima domanda, Perché un blog? balzano all'occhio due motivazioni: la fuga dalla solitudine in periodi difficili della propria vita, e l'imitazione di chi ha aperto un blog seguendo l'esempio di amici o familiari;
  • non stupisce, visti i miei trascorsi, che la maggioranza degli intervistati siano transfughi di Splinder, costretti a trasferirsi su altra piattaforma a causa della sua chiusura;
  • un dato curioso, a mio vedere, riguarda le mutate abitudini della blogosfera: mentre qualche anno fa la prassi era l'assoluta anonimità (vera o apparente che fosse), la tendenza dei blogger più recenti è invece quella di presentarsi col proprio nome (e anche cognome, a volte) come nick e con una foto propria come avatar;
  • praticamente unanimi i commenti alla domanda 4), più delusioni o piacevoli sorprese? dove tutti confermano la seconda ipotesi; spicca la voce fuori dal coro di Alidada (e parzialmente di suzieq che salomonicamente dichiara metà e metà). Noterei però che con ogni probabilità i veri delusi hanno abbandonata da tempo l'avventura, e i loro commenti non potremo leggerli mai.
Non voglio farla troppo lunga; se a qualcuno fosse rimasto impresso qualcosa che ho trascurato lo dica nei commenti.

E voglio concludere con una nota leggera e sorridente, assegnando a mia volta un simbolico riconoscimento (secondo il mio gusto personale) ad alcuni degli intervistati;
  • Miglior titolo del blog: a Panta Rei di Albafucens;
  • Miglior nick: ad Alidada; le motivazioni della scelta le ha spiegate nel suo blog, ma non sono riuscito a rintracciare il post; chi è interessato può chiedere a lei;
  • Miglior avatar: il profilo stilizzato di Jane Eyre in b/n di Linda;
  • E non può mancare un premio semplicità, per il blog con gli attributi più spontanei e meno fantasiosi: a Katherine, che usa come nick la traduzione del suo nome, come avatar una sua foto in primo piano, come titolo del blog un essenziale VI RACCONTO...
Grazie a tutti per la vostra entusiasta e affettuosa partecipazione. Un saluto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

sabato 8 settembre 2012

Se Shakespeare fosse nato a San Donà (II)

Ed eccomi a completare la serie iniziata qualche giorno fa.
Come ho già detto in un commento, mi scuso per essere stato evidentemente poco chiaro nella mia precedente esposizione, dato che qualcuno ha equivocato sul senso del post; e quindi, con la mia consueta pignoleria, preciso che:
  • non è un quiz: scopo della pubblicazione non è proporre un indovinello ma invogliare a un sorriso; certo ci si può divertire a scoprire i personaggi nascosti sotto le surreali descrizioni, ma non è quello il fine ultimo;
  • per viaggio di andata s'intende il tradurre in italiano nomi di personaggi stranieri;
  • viceversa nel viaggio di ritorno si traducono in lingua estera nomi di personaggi italiani; non è un invito al completamento rivolto ai lettori;
  • è sottinteso che ogni contributo degli ospiti (nel senso di inventare altri lemmi in aggiunta a quelli proposti da me) è non solo accettato, ma anche apprezzato.
Ciò detto, eccoci a presentare un'altra carrellata di personaggi (presi da vari campi, mentre quelli del post precedente erano tutti scrittori). Al solito, si comincia con l'andata:

Fortebraccio, Luigi: musicista napoletano (1900 – 1971). Virtuoso di caccavella, putipù e triccheballacche, costituì dal 1925 in poi alcuni complessi propri, realizzando numerose incisioni considerate fondamentali nella storia della musica popolare partenopea.

Bonomo, Beniamino:
musicista napoletano (1909 – 1986). Dedito inizialmente alla musica classica, l’incontro con Fortebraccio (ved.) lo convinse a dedicarsi interamente alla musica popolare napoletana, della quale è considerato uno dei più importanti esponenti.

Bonanno, Carlo:
inventore genovese (1800 – 1860). Specializzatosi nello studio della gomma, e ossessionato dall’idea di poter riparare i profilattici bucati, nel corso di un viaggio negli Stati Uniti (1839) acquistò (ma alcuni dicono che in realtà la sottrasse) da uno sconosciuto chimico americano la formula del rivoluzionario processo della vulcanizzazione, riuscendo così a realizzare infine il suo progetto, ed ottenendo, al ritorno in patria, fama ed enormi guadagni.

Calzolari, Michele:
pilota automobilistico, nato a Monza nel 1969. Messosi in luce con le categorie minori, è attualmente considerato uno dei più grandi piloti di tutti i tempi. Ha vinto sette campionati mondiali di Formula 1, gli ultimi con la leggendaria scuderia tedesca Schmied.

Creta, Cassio Marcello:
pugile romagnolo, nato nel 1942. Campione olimpico dei pesi mediomassimi a Roma nel 1960, divenne campione mondiale dei massimi nel 1964. Privato del titolo ed incarcerato per essersi rifiutato, da militare, di prestare servizio d’ordine contro le manifestazioni operaie, tornò ai combattimenti nel 1969. In seguito divenne leader riconosciuto del movimento politico-religioso dei Testimoni di Bagnacavallo.

Bottai, Francesco Giacomo, detto Gary:
attore cinematografico toscano (1901 – 1961). Messosi in luce a Cinecittà con film d’argomento storico-sociale come I lancieri del Salento e Il sergente Quagliarulo, raggiunse il successo emigrando ad Hollywood, dove divenne interprete di alcuni dei più famosi western di tutti i tempi.

Unapietra, Alberto:
fisico teorico milanese (1897 – 1955). A seguito di una cocente delusione sentimentale enunciò il celebre principio secondo cui "un minuto seduti su una stufa rovente è più lungo di un'ora a letto con una bella donna", dal quale trasse in seguito la sua teoria della relatività che gli valse il premio Nobel per la fisica nel 1921.

Strappagallo, Alfredo: regista  e produttore cinematografico emiliano (1899 – 1980), specialista nei film gialli, che gli valsero il titolo di maestro del brivido. È nota la sua predilezione per le prosperose attrici bionde sue conterranee che diresse in innumerevoli film.

E concludiamo con un ultimo piccolo viaggio di ritorno:

Pequeño Rojo, Joaquín: compositore spagnolo (1792 – 1868). Fu soprannominato Il cigno di Siviglia per le sue immortali opere, ancora oggi rappresentate, molte delle quali ambientate in Italia. Tra le sue più famose El barbero de Pesaro e La urraca ladrona.

Green, Joseph: compositore americano (1813 – 1901). Partito dalla musica classica, si dedicò in seguito allo studio dei canti popolari, tanto da essere oggi considerato l’antesignano dei folk singer della seconda metà del Novecento.

Lambs, John (meglio conosciuto come Jack), detto “The Lawyer”:
industriale statunitense, nato a Boston (1921 – 2003). È stato per lungo tempo Presidente della General Motors, contribuendo a rafforzarne l’immagine sui mercati internazionali. Più volte eletto Senatore degli Stati Uniti d’America nelle file del Partito Repubblicano, fu considerato uno degli uomini più eleganti d’America: famosa la moda, da lui lanciata, di portare la camicia fuori dai calzoni.

Un sorriso e un saluto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

Premio...

La dolcissima Sheryl mi ha appena assegnato il premio Blog Diamond Award.


Riporto di seguito il regolamento:

1) Citare chi ha creato questo premio: si tratta di Roberta-RobyBeauty.

2) Essere iscritte al mio blog: boh?! questo punto, in tutta sincerità, mi lascia indifferente.
3) Premiare 5 blogger e ringraziare chi vi ha assegnato il premio: Sheryl l'ho ovviamente già ringraziata.

In quanto a chi assegnare il premio... preferirei lasciarlo a tutti i miei amici blogger, ma per rispetto del regolamento mi tocca fare una scelta (mi scusino gli altri):
  1. Il cielo di Linda
  2. leggerevolare
  3. Una vita movimentata
  4. uno spicchio di cielo
  5. suzieq11
 Un saluto e un sorriso dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò

mercoledì 5 settembre 2012

Se Shakespeare fosse nato a San Donà

Anche questo articolo comparve nel periodo iniziale della mia frequentazione di Splinder, e anch'esso è scomparso dietro il continua a leggere. Visto il gradimento del post precedente lo ripubblico qui: poiché è piuttosto lungo lo dividerò in due puntate.



Il gioco, come ovvio, consiste nel tradurre letteralmente in italiano (o viceversa) i nomi di personaggi storici stranieri, modificando di conseguenza le loro biografie in modo da trarne, se possibile, effetti comici o grotteschi.
I riferimenti sono tali e tanti che anche chi non conosca le lingue non avrà difficoltà ad individuare i personaggi in questione; se comunque qualcuno nutrisse delle perplessità su alcune voci, non ha che da dirlo e fornirò le soluzioni.
Si vada dunque a cominciare con questo viaggio di andata:

Crollalanza, Guglielmo: drammaturgo veneto, nato nel 1564 a San Donà di Piave. Scrisse numerose commedie ambientate nella sua terra, e divenne famoso narrando del triste amore tra due adolescenti veronesi appartenenti a famiglie rivali. Accusato di razzismo per aver messo in cattiva luce un famoso generale veneziano di colore, dipingendolo come individuo violento e soggetto ad incontrollati attacchi di gelosia, e in seguito per aver apertamente accusato un mercante ebreo di vendere libbre di carne a prezzi esorbitanti, cadde in disgrazia presso il governo della Serenissima e fu costretto ad emigrare, facendo perdere le sue tracce. Da fonti non accertate risulta che si sia trasferito in Inghilterra, dove sarebbe morto in data non precisata.

De Maestri, Edgardo L.: poeta toscano (1869 – 1950). Laureato in giurisprudenza, fu a lungo irriso dai colleghi per la sua abitudine di comporre versi durante le udienze in tribunale. Accusato di necrofilia perché trascorreva gran parte del tempo libero passeggiando per i cimiteri, si vendicò scrivendo un volume d’immaginari epitaffi, che intitolò Antologia di Poggibonsi, nel quale metteva alla berlina i suoi concittadini, e che gli diede ampia notorietà.

Droghieri, Raimondo: scrittore di romanzi gialli, nato a Genova (1888 – 1959). Esordì quasi cinquantenne in letteratura, rivoluzionando lo schema del giallo d’azione con le sue storie violente ambientate nei vicoli della città vecchia, tra prostitute, contrabbandieri e scaricatori di porto. Ha creato la leggendaria figura dell’investigatore “duro” con l’impermeabile chiaro, la sigaretta all’angolo della bocca e il perenne intercalare: “Belin, figgieu!”.

Molinaro, Enrico: narratore bolognese (1891 – 1980). Iniziò la carriera letteraria scrivendo racconti erotici per le cosiddette riviste da barbiere, che poi raccolse in un volume dal titolo Il Nesso del Sesso nel Plesso, del quale non volle mai spiegare il significato ai numerosi critici che glielo chiedevano. Divenne poi famoso in tutto il mondo per i suoi romanzi che descrivono sfrenate avventure sentimentali vissute nel corso di numerose crociere tra i due tropici.

Viadorlando, Ernesto: romanziere e giornalista torinese (1898 – 1961). Spirito avventuroso, si arruolò volontario nella prima guerra mondiale e si mise in evidenza coi suoi brillanti reportage di guerra. Amante della caccia, testimoniò questa sua passione in opere come Verdi colline del Monferrato, Breve la vita felice del conte Francesco e Le nevi del Cervino. Morì suicida nella sua casa di Pantelleria, dove si era ritirato in età avanzata, dedicandosi alla letteratura e alla pesca.

Obbene, Giorgio: romanziere e saggista romano (1903 – 1950). Inviato speciale durante la seconda guerra mondiale, fu espulso da Togliatti dal PCI, al quale era iscritto da tempo, per aver pubblicato nel 1945 La casa delle bestie, che i dirigenti comunisti interpretarono come un’impietosa satira del regime sovietico. Annoverato in seguito tra gli scrittori di fantascienza dagli appassionati del genere, le sue opere di satira fantastica sono state accostate, da molti critici, a quelle di Rondoni (ved.).

Rondoni, Gionata: scrittore milanese (1667 – 1745). È considerato il capostipite della fantascienza sociologica; il suo capolavoro, I viaggi di Gioanin Brambilla, descrive avventure fantastiche e satiriche di un buffo personaggio in paesi popolati da nani e giganti.

Due, Marco: pseudonimo di Samuele Clementi, scrittore pavese (1835 – 1910). Pilota, in gioventù, delle chiatte che navigavano il Po, trasse il suo pseudonimo dal grido dei battellieri che, con una lunga pertica, misuravano la profondità del fiume per evitare le secche. Autore di romanzi umoristici come Un siciliano alla corte dei Savoia, ha creato indimenticabili figure di ragazzi liberi e ribelli, il più famoso Masino il Segaiolo.

E adesso il viaggio di ritorno:

Meadows, John: poeta inglese (1855 – 1912). A lungo insegnante di lingua e letteratura inglese all’università di Londra, è considerato il più insigne esponente del crepuscolarismo britannico di fine ottocento; la sua poetica del little boy, basata sull’osservazione della natura con lo sguardo innocente della fanciullezza, ha profondamente influenzata tutta la successiva poesia di lingua inglese.

Bigbeef, Alexander: scrittore e poeta scozzese (1785 – 1873). Nato da nobile e agiata famiglia (il padre Peter era Earl of Inverness), manifestò precoce vocazione alla poesia. È considerato il più importante innovatore della lingua inglese di tutti i tempi (famosissima la sua espressione sciacquare i panni nel Tamigi); il suo capolavoro The betrothed è considerato il capostipite del romanzo anglosassone moderno.

Rod, John: romanziere americano (1840 – 1922). Autore dapprima di romanzi storici, divenne famoso per le sue storie realistiche, aventi a tema la vita quotidiana della povera gente, ambientate nel profondo sud degli Stati Uniti. Tra i suoi capolavori The stuff, The she–wolf, Rustic Tales.

Il resto alla prossima puntata.
Un saluto e un sorriso dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò