Intestazione



Le mie citazioni preferite

C'è gente che possiede una biblioteca come un eunuco un harem (Victor Hugo)
Il mediocre imita, il genio ruba (Oscar Wilde)
Amicus Plato, sed magis amica veritas – Mi è amico Platone, ma ancora più amica la verità (Aristotele)
Se devi parlare, fa' che le tue parole siano migliori del silenzio (Antico detto cinese)
Contro la stupidità neppure gli dei possono nulla (Friedrich Schiller)
Disapprovo le tue opinioni, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di esprimerle (Voltaire)
Lo stolto ha solo certezze; il sapiente non ha che dubbi (Socrate)
Sognatore è un uomo con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole (Ennio Flaiano)

lunedì 6 agosto 2012

Gli oggetti del tempo andato

Dedicato a Elisa

È stato un post di Elisa (leggerevolare) a proposito di un libro scritto da Francesco Guccini, a convincermi a ripubblicare questo mio post, comparso su Splinder circa quattro anni fa.

Abituati come siamo a convivere con personal computer, connessioni wireless, auricolari bluetooth e altre diavolerie del genere, quasi ci sorprendiamo nel rivedere oggetti che fino a qualche decennio fa erano d'uso comune e che oggi possono sembrare pezzi di antiquariato.
Ve ne presento alcuni che ho avuto modo di vedere in uso nella mia infanzia, sperando di destare un sorriso di nostalgia tra gli amici della mia età, e la curiosità di quelli delle generazioni successive (le foto sono di repertorio, ma ho avuto cura di scegliere gli oggetti più somiglianti a quelli che ho personalmente usato, o visto usare):

Il macinino: ai tempi in cui si era ben lontani dal trovare nei negozi le odierne confezioni ermetiche sottovuoto, il caffè (che si preparava con la classica caffettiera napoletana, prima dell'avvento della rivoluzionaria moka express) si comprava in grani in drogheria e lo si macinava a mano: attività generalmente riservata ai ragazzini i quali, ben felici di rendersi utili, si sedevano in un cantuccio, il macinino stretto tra le ginocchia, e giravano compunti la manovella, aspirando voluttuosamente l'aroma sprigionato dai chicchi di caffè...

Il tosta-caffè: la massiccia emigrazione verso il nuovo continente, avvenuta nel periodo tra le due guerre, ha fatto sì che quasi tutte le famiglie avessero qualche parente americano (i miei erano per lo più in Argentina e in California), che spesso portava o inviava in Italia sacchetti di caffè grezzo, che veniva tostato in casa, con l'uso di un cilindro posto su un supporto ed esposto alla fiamma della carbonella accesa (ma anche, con un supporto semplificato, delle prime cucine a gas). Ne esisteva anche un tipo verticale (una sorta di padella chiusa con una maniglia per agitare il caffè all'interno), al quale si riferisce l'immagine qui accanto.
La bombilla: un altro prodotto esotico che i parenti sudamericani ci fecero conoscere e apprezzare fu il mate (yerba mate in spagnolo), un infuso simile al the che si prepara in un contenitore fatto con una piccola zucca svuotata e si beve con la bombilla, una cannuccia metallica che porta all'estremità un filtro bucherellato per evitare di aspirare, assieme alla bevanda, le foglioline. Sono famose alcune foto di Ernesto Che Guevara che sorbisce il mate con la bombilla nelle foreste boliviane, durante le pause della sua attività di guerrigliero...
L'arcolaio (o dipanatoio): le nostre madri e le nostre nonne erano in genere abilissime nel lavorare a maglia, e confezionavano in continuazione maglioni e sciarpe per tutta la famiglia: la lana, comprata in matasse, doveva essere dipanata e riavvolta in forma di gomitolo per la successiva lavorazione.
La più rudimentale forma di dipanatore erano... i polsi delle mani!
Generalmente, al solito, era un bambino a tener tesa tra le braccia la matassa, mentre la madre avvolgeva rapidamente il gomitolo... Ma di gran lunga più comodo era l'uso di un arcolaio a pantografo, solitamente in legno, che sorreggeva la matassa durante lo svolgimento.
Lo scaldaletto: nelle case di un tempo, dove l'unica stanza riscaldata (dal camino o dalla stufa a legna) era la cucina, infilarsi in un letto gelido era un'esperienza – è il caso di dirlo! – da brivido. I più antichi scaldaletti erano piccoli bracieri chiusi dove si metteva carbonella, o sansa d'olive accesa, e che popolarmente erano chiamati preti; quelli che ho avuto modo di provare nell'infanzia erano bottiglie di rame con un tappo a vite, che si riempivano d'acqua bollente, si avvolgevano in un panno e s'infilavano tra le lenzuola per scaldarsi almeno i piedi...
Il lume a petrolio e la lampada ad acetilene: in molti paesi di montagna, abitati fino agli anni sessanta, la corrente elettrica non è mai giunta. Per farsi luce di notte si usavano i lumi a petrolio o le più efficienti lampade ad acetilene: si comprava in drogheria il carburo di calcio, un minerale biancastro dall'odore acre che a contatto con l'acqua sprigiona acetilene, un gas combustibile che brucia con una fiamma bianca e luminosissima; il carburo va posto nel recipiente inferiore, mentre quello superiore, avvitato su di esso, è riempito d'acqua, che tramite una valvola a spillo, comandata da un regolatore a vite, vien fatta gocciolare sul carburo; l'acetilene che si forma fuoriesce tramite un tubicino che termina in un ugello calibrato, e si accende con un fiammifero; l'intensità della fiamma viene regolata dall'apertura della valvolina, e ovviamente la lampada si spegne serrando a fondo il regolatore.
Il mortaio: questo è un attrezzo che molti amatori della gastronomia tradizionale usano ancora... In Liguria era d'obbligo per la preparazione del pesto: le foglioline di basilico erano poste nel mortaio di marmo con aglio e sale grosso, e laboriosamente frantumate col pestello di legno... ma oggi è per lo più un pezzo d'arredamento, che molti usano come soprammobile o portafiori... e il pesto lo si fa nel frullatore elettrico...
L'incudine da calzolaio: prima di buttare le scarpe, nelle frugali famiglie di un tempo, le si risuolavano più volte, sicché tra gli attrezzi di casa trovava normalmente posto anche un piccolo corredo da calzolaio: lesina, martello, chiodi e bullette, fogli di cuoio, incudine... quella che ricordo di aver visto usare a mio padre era simile a questa...
Il ferro da stiro: i modelli più arcaici avevano un contenitore dove si metteva brace di carbone accesa, e non ricordo di averli mai visti usare da nessun parente... mentre erano ancora in uso quelli di ghisa massiccia da scaldare sulla stufa: si usavano normalmente in coppia, o a gruppi di tre; il più caldo lo si usava per stirare mentre gli altri stavano posati sulla stufa accesa; quando il calore scemava lo si sostituiva con uno più caldo e così via, a rotazione...
Il pitale: eh, sì, c'era anche questo nelle gelide case di una volta, dove di solito le latrine erano all'esterno dell'abitazione, in un angolo del cortile o di un terrazzino... e andare a far pipì in pieno inverno poteva significare dover spalare la neve per un tratto di qualche metro... cosicché tutti custodivano il proprio vasino da notte sotto il letto...
Al giorno d'oggi in casa si trovano solo i vasini in plastica dei bimbi... e quello del nonno magari su un davanzale, ridotto a vaso da fiori...

Un saluto e un sorriso dal vostro 
Cosimo Piovasco di Rondò